Matteo Arfanotti, il signore della preparazione atletica

Lerici – E’ UN MIX di fattori quello che ha portato l’equipaggio femminile del Lerici a fare il bis al Palio del Golfo, dopo la vittoria dello scorso anno. Un risultato che testimonia un lavoro che viene da lontano, fatto di sacrifici, applicazione, determinazione. Un ruolo fondamentale in questo percorso lo ha sicuramente avuto Matteo Arfanotti, 32 anni, il preparatore atletico del team, colui che ha dato la ’forza’ – tecnicamente è proprio il caso di dirlo – alle miss del Palio. E non è solo una questione di muscoli. L’occasione è buona per capire meglio le caratteristiche di una professione, magari svolta sottotraccia, che è però fondamentale per i successi sportivi, in ogni disciplina.
«Il preparatore atletico sta all’allenatore come un odontotecnico sta ad un dentista», dice con una battuta Matteo; della serie: c’è il rischio di vivere di luce riflessa quando invece la ’carica’ viene proprio da chi ha il compito di attrezzare fisicamente e mentalmente l’atleta a centrare l’obiettivo.
Spieghiamoci. Cosa significa dare ’forza’?
«Significa ottimizzare la potenza atletica del gesto, e sottolineo del gesto, che appartiene già all’atleta, quale espressione cardine della disciplina. Il gesto non lo insegna il preparatore atletico. A questo compete il compito di ottimizzarlo sotto il profilo, appunto, della forza, che non è solo una questione di muscoli ma di adattamento neurale, che presiede al reclutamento delle energie per compiere il gesto stesso».
Cioè?
«C’è in gioco il rapporto muscoli-cervello, col primo che si fa strumento di ottimizzazione del gesto per esprimere il massimo della forza. Il discorso calza a pennello nella disciplina del sollevamento pesi, quella nella quale è maturato il mio percorso formativo che è ora aperto ad interventi in qualsiasi ambito disciplinare».
Come diventare preparatore atletico?
«Con grande applicazione, sacrifici e soprattutto inanellando una serie di attestati, frequentando corsi».
Ad esempio?
«Quello della Fipe, nel centro olimpico di Roma per il riconoscimento di istruttore senior; e poi i corsi della Tbi (Tudor Bompa Istitute), succursale italiana della famosa scuola americana istituita dal professor Bompa, della Fipl (Federazione italiana power lifting) o certificazioni similari Elav».
E lei dispone di tutti questi gli attestati?
«Sì. Una preparazione lunga, articolata e che è andata avanti in parallelo agli studi universitari in psicologia, che tuttora proseguono, insieme alla ricerca continua per l’ottimizzazione del gesto atletico nella connessione muscolo cervello».
Corrado Ricci

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